Palazzolo Acreide



Ci sono luoghi a cui senti di appartenere, una sensazione tra lo struggimento e il montare di una forza inspiegabile che afferra quando in essi ci si trova. 

Non sempre ciò avviene con il luogo in cui si è nati o cresciuti, diciamo che quella è un'appartenenza che si è costruita dalle prime esperienze di vita e dai relativi ricordi durante il tempo.
L'appartenenza di cui parlo adesso è diversa, è ancestrale, è spontanea, immediata, si sente dal primo momento in cui si arriva in un luogo per la prima volta, si sente nel corpo, è viscerale.

Mi è capitato a Parigi, in Place des Voges e nella piccola Place de Marché Saint Catherine, poco distante da lì, e un'altra volta mi è capitato a Palazzolo Acreide, una cittadina degli iblei, a meno di un'ora di auto da Modica, la mia città. 
L'ho scoperta tardi, ero grandicella, avevo poco meno di trenta anni, fu oggetto delle mie prime esplorazioni in solitaria da neo patentata. 

Già ai primi tornanti, quando si lascia la strada per Giarratana, e i paesaggi e le valli che si aprono allo sguardo, in qualsiasi stagione dell'anno, che fosse il giallo dell'estate o il verde intenso dell'inverno e i suoi fiori colorati, il tragitto di così variegata bellezza, diventa un'ascensione a qualcosa di magico.
Poi si arriva in cima, si costeggia la valle dell'Anapo, una cava profonda, in cui si vedono le rocce, la vegetazione rigogliosa che copre la pietra calcarea, bianco grigia che poi predomina man mano che aumenta l'altezza.

Luoghi popolati fin dal neolitico e dall'età del bronzo, dove le pareti rocciose delle vallate sono spesso scavate: tombe antiche che testimoniano la presenza di civiltà antiche pre-elleniche.
La vegetazione è rigogliosa, se si scende a valle e si percorre a piedi, costeggiando il fiume, si è circondati da una ricchezza di piante di tante specie, mentre lo scorrere dell'acqua accompagna il nostro sguardo pieno di tanta ricchezza. La roccia chiara e grigia si macchia di giallo in alcuni punti, è scivolosa in altri, le pareti sono alte e nonostante la vitalità di un tale microcosmo, si ha la sensazione di un tempo sospeso, infinito, non basta un raggio di sole che rimane intrappolato dall'intricato naturale di rami e cespugli a dirci che il tempo scorre. Tutto è protetto, ogni sasso, ogni piccolo insetto, sembra  incantato nel suo succedere.
Se ci si lascia pervadere da questa atmosfera, si chiudono gli occhi, si sente una forza straniante, si sentono gli odori, i suoni di una natura totalmente indifferente alla presenza di chiunque.

Quando si arriva in auto, si entra in paese, ad accoglierti saranno le prime case basse costruite all'inizio del secolo scorso, dall'inconfondibile stile liberty più o meno marcato. Poi le prime due chiese imponenti che danno le spalle, una destra e una a sinistra: una è San Paolo, l'ultima volta era agghindata a festa, si era da poco festeggiato il santo e ancora aveva tutte le luci a ripercorrerne il profilo, un trionfo esaltante e luminoso nel buio della sera; l'altra è la chiesa di san Nicola, più dimessa nonostante la sua imponenza e che sia la più grande di Palazzolo nonchè la più antica.





Se si prosegue a piedi e si sale, si attraversano vicoli e stradine, case abbandonate, a un certo punto ci si ferma ad ammirare una balconata unica, barocca, la più lunga esistente al mondo, 30 metri, arricchita da 27 mascheroni, grotteschi, dal ghigno derisorio.
Si sale ancora, tra antichi palazzi e vecchi negozi, alcuni ormai chiusi, piccoli cortili decorati da piante e fiori, e si arriva alla piazza dove l'architettura barocca ancora si esprime in tutta la sua bellezza con la chiesa di san Sebastiano. A fianco inizia la via principale con altri palazzi, tra cui la sede del municipio con i portici e un palazzo a seguire, che molti anni fa ospitava un circolo di conversazione a cui si accedeva da una scala articolata e importante che partiva dal cortile interno. La scoprii quando avevo la curiosità e l'entusiasmo di una giovane e radiosa novella sposa che stringeva con fiducia la mano che teneva la sua.

Come riporta Tucidide, Akrai fu fondata dai greci nel 664 a.C. nella parte alta della collina.
Di questo periodo greco rimane un teatro e tutta l'area intorno in cui i resti delineano la vecchia polis, e il tempio di Afrodite.
Poco fuori la città vi è un Santuario rupestre con sculture dedicate al culto della dea Cibele, unico al mondo per grandezza nonostante lo stato pessimo in cui versa.

Akrai, molto probabilmente, fu distrutta dalle truppe islamiche nel 827.
Del periodo medievale abbiamo testimonianza perchè sullo sperone di roccia che domina tutta la vallata troviamo i resti del Castello.
Di quel periodo rimane ben poco a causa del terremoto che distrusse nel 1693 tutta l'area degli iblei.



La stratificazione della storia, da quella più antica a quella più recente, dalla zona rupestre alla parte urbana delle chiese e dei palazzi barocchi, contribuisce non poco a rendere questo luogo magnetico e attraente, il susseguirsi di civiltà, intelletti, storie ha lasciato traccia nella sua atmosfera, nei tratti dei volti della gente di oggi, nelle loro sensibilità, nei loro sguardi.

Vi sono anche tre musei che mi preme segnalarvi, uno è davvero un piccolo gioiello, il Museo del viaggiatore, troverete testi odeporici, alcuni risalenti al '500, concepiti da viaggiatori europei che si avventuravano in Sicilia, un insieme di incisioni, disegni, manoscritti che documentano il grand tour, testi odeporici, antiche carte geografiche dell'isola. Tra tutti il famoso Jean Houel che nel 1777 si trovava nell'area iblea come testimoniano i suoi disegni, di assoluta perfezione e che dà a noi l'idea precisa dei luoghi in quegli anni.






Altro Museo che ho trovato meraviglioso, è il Museo delle tradizioni Nobiliari. Concepito e realizzato grazie a una donna straordinaria, Augusta Zabert Colombo che affascinata da questi luoghi (non succede solo a me, dunque!) decise agli inizi del nuovo millennio di acquistare un palazzo nobiliare ormai in rovina (Palazzo Rizzitelli Spadaro) e salvarlo dall'abbattimento a cui era stato destinato. Gravemente danneggiato da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale, l'edificio richiedeva forti interventi strutturali, ma questo non ha scoraggiato Augusta Zabert Colombo, e grazie alla sua tenacia e ostinazione, oggi possiamo sperimentare un viaggio nel tempo attraverso gli ultimi due secoli nella storia della sua famiglia della nobiltà europea, attraverso gli oggetti quotidiani, gli abiti e accessori, i corredi, i giocattoli e le prime foto. Nelle cantine e nei bassi del palazzo furono ritrovati altri oggetti, tra libri, stoffe, suppellettili di uso quotidiano appartenuti alla famiglia Rizzitelli Spadaro, essi sono stati recuperati con cura e integrati nel percorso dell'esposizione. 
Tra l'altro l'incontro con la nobile signora è stato davvero interessante, abbiamo chiacchierato amabilmente per qualche ora, ed essendo lei piemontese ho potuto parlare del mio amore per quella regione che è nel mio cuore.






Troverete anche un altro museo molto bello e ricco che invece dà uno sguardo nelle tradizioni popolari della zona, è la Casa Museo di Antonino Uccello, antropologo e poeta. La sua visionarietà ha permesso oggi di avere uno tra i musei etnografici più completi esistenti. Scorci di vita in un passato che altrimenti si sarebbero persi per sempre nell'oblio perchè non raccontati e protetti.

Ho sempre consigliato agli amici e agli ospiti del mio bnb questo luogo incantato, così denso di storia, colmo di un'energia straordinaria.

Palazzolo Acreide è tra le città patrimonio Unesco dal 2002.









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